Qualunque sia il motivo per cui ci rechiamo da un operatore della relazione d’aiuto, è perché certamente una parte di noi necessita di ascolto. Quello che non ci siamo mai dati, che non abbiamo ricevuto, o che noi stessi non abbiamo mai dedicato al mondo.
Ogni volta che viviamo un momento di crisi, in cui sentiamo di traballare, dove la nostra esistenza sembra piena di crepe, spezzata; necessitiamo di ascoltarci profondamente per recuperare i pezzi del mosaico e rimetterli insieme.
L’ascolto è una capacità che usiamo di rado: la nostra società è molto più visiva, dedichiamo più tempo all’assorbimento di immagini – vedi smartphone e multimedia – e riceviamo innumerevoli input da ognidove che incalzano continuamente, con il rischio di perderci degli aspetti importanti della realtà quotidiana. L’arte di ascoltarci viene dal cuore invece, e ci porta al centro profondo delle cose.
In certi casi è anche bene chiedere aiuto e lasciarsi accompagnare da qualcuno “addetto ai lavori”, formato, che crei uno spazio che faciliti questa esperienza, e che ne sia custode per sostenerci nell’affrontare i passaggi difficili della nostra vita attraverso il rituale dell’ascolto.
Esistono differenti rami del counselling, ma in generale indipendentemente dalla specializzazione del couselor, quanto accade in uno spazio di relazione d’aiuto è la naturale emersione maieutica di ciò che il cliente si porta dentro, attraverso l’arte dell’ascoltare.
Ma vediamo tre buone qualità di un counselor:
La prima è il rispetto, ovvero l’attenzione cosciente su quanto emerge nel cliente, senza porre giudizio alcuno, bensì facilitando il discernimento. Il rispetto ovviamente deve essere reciproco altrimenti praticare l’ascolto potrebbe essere molto difficile. L’azione non giudicante permette lo sviluppo del riconoscimento di nuove prospettive con cui osservare una situazione e un problema. Inoltre espande il canto libero del cliente portando sollievo.
La seconda qualità è la fiducia, in particolare nel processo. Non ci si deve sorprendere se dopo una seduta non si provi pieno sollievo o ci si senta ancora appesantiti, perché potrebbe essere che nel tempo si sia accumulato molto materiale denso da smaltire e discernere, come emozioni rapprese e sedimentate. Da parte del cliente infatti è richiesto l’ìmpegno e la responsabilità di prendersi cura di sé, e avere attenzione e premura per fortificare le proprie risorse allo scopo di muoversi verso la salute e il benessere. Se nello spazio di relazione d’aiuto c’è fiducia, allora c’è anche il sostegno per un viaggio di consapevolezza.
La terza qualità è il già citato ascolto. La capacità di aprire le orecchie, ma anche il cuore a tutto ciò che viene comunicato sotto tutti i punti di vista: emotivo, comportamentale, attraverso il linguaggio corporeo, dei sensi, dello sguardo, i gesti e le parole essenziali del cliente. Più il counselor è in grado di ascoltare e meglio è.
Osservate queste tre qualità che possono essere una medicina per ogni tipo di relazione, possiamo aprire uno spazio di indagine profonda e porci le seguenti domande:
- Qual è il prossimo passo nel mio cammino?
- Come posso avviarmi verso una trasformazione di vita?
Affinare queste qualità è un approccio molto importante che possiamo portare nel mondo, in particolare come nostra responsabilità quando si intraprende un percorso di ricerca di sé non delegante. Meglio ancora se ad affrontare questo viaggio non siamo soli.
E così ci rimettiamo in cammino…
al prossimo viaggio
Alberto Fragasso
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