Come cambiare lo sguardo con cui siamo soliti osservarci?

Quante volte ci lasciamo vestire dalle parole, dalle azioni, dall’agire altrui? Questo accade quando siamo adulti, ma è un processo che ha origine già dall’infanzia. Maria Montessori riteneva i bambini impermeabili e capaci di impregnarsi del mondo circostante. Da questa deduzione scaturisce la sua educazione cosmica. Secondo gli studi antropologici contemporanei sullo sciamanismo, il corpo di uno sciamano può essere definito poroso per la sua capacità di impregnarsi del potere degli spiriti e dell’universo. Questa pratica richiede tuttavia una certa disciplina che viene acquisita soltanto dopo un lungo addestramento. Dal punto di vista del buddhismo, come insegna Thich Nhat Hann, monaco buddhista vietnamita, qualunque cosa di nostro uso e consumo, può essere nutrimento per l’anima: libri, film, riviste, siti internet, parole, pensieri, emozioni e azioni; essi possono avere un valore nutrizionale di cui la nostra persona in un certo senso si impregna. L’anima invece si riveste di ciò che va oltre il nostro sguardo; di pura luce e colore.
Grazie ai vari processi della presenza, possiamo fare attenzione e prendere coscienza dei riflessi del nostro passato che camminano ancora tra noi come ombre. Nel suo libro Il Processo della Presenza, Michael Brown racconta di come dopo aver assunto la medicina del peyote, scopre il potere della presenza. Questa forza ci permette di riconoscere le proiezioni con cui vestiamo gli altri, e quelle degli altri che scegliamo di indossare (che in gergo vengono definite proiezioni identificative, ovvero quando ci lasciamo avvolgere inconsciamente dall’energia delle proiezioni altrui). Le proiezioni da una prospettiva sciamanica sono l’energia che mettiamo addosso agli altri e che riguarda noi, il nostro passato ed esperienze che abbiamo vissuto con qualcun altro che non ha niente a che vedere con la persona con cui ci stiamo interfacciando nel momento presente.
Echart Tolle dice che “quando facciamo amicizia con il momento presente, non importa dove siamo” perché “ci sentiremo a casa”; Il potere della presenza infatti, anche nella visione sciamanica ci desta e ci porta a una conoscenza profonda di questi abiti per fare un passo verso la nostra natura. In generale camminare verso se stessi ci pone di fronte alla possibilità di ritrovarci e riscoprirci in una consapevolezza nuova che ci apre la strada al di là di qualunque identificazione.
Quali parole, etichette, abbiamo permesso che ci vestissero?
Una volta che ci saremo tolti gli abiti possiamo riconoscerli e ringraziarli, poiché se li abbiamo indossati, era perché con ciò che conoscevamo di noi stessi credevamo ci piacessero. Quindi “grazie!”, ora è tempo di cambiare il guardaroba!

E così ci rimettiamo in cammino…
Al prossimo viaggio…

Alberto Fragasso

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