
C’è l’oomph, (parola inglese per dire “vigore”, “forza, “energia”) e poi c’è omphê. Nell’antico greco, omphê [ὀμφή] è la voce divina. Può manifestarsi attraverso una sacerdotessa ispirata, un albero sacro, il grido degli uccelli o una tempesta di fulmini. Prima di poterla udire, potresti sentire il tuo mondo tremare.
Filostrato scrisse di Dodona, il luogo del grande oracolo di quercia di Zeus e Dione: “questo luogo è pieno di omphê.” È un univers sonore, riprende il coro Stella Georgoudi. [1]
La voce divina è diversa da quella umana, sebbene possa servirsene. Gli dèi di Omero possono sembrare provare emozioni e comportarsi come gli esseri umani, specialmente nei loro drammi domestici, ma possiedono poteri che i mortali non possono comprendere: una velocità e una forza straordinarie; un’infinita capacità di mutare forma o travestirsi; l’invisibilità. E poi c’è la questione della voce. La voce di un dio può essere tuono, fuoco che divampa, il ruggito dell’oceano o un sibilo spettrale che mozza il fiato. “Mentre gli dèi hanno il potere di imitare le voci dei mortali, nessun mortale senza assistenza divina può parlare con la voce di un dio: una voce mortale (audê, come la chiama Omero) è diversa da omphê o ossa, una voce divina. Gli dèi non solo possiedono capacità vocali diverse e straordinarie, ma hanno (o avevano un tempo) anche una loro lingua.” [2]
Omphê è la voce della Pizia quando parla per conto di Apollo. Nell’Argonautica, è anche la voce di un corvo loquace che si rivolge all’indovino Mopso [Apollonio Rodio III 927-939]. Anche a Delfi, celebre per le sue profezie espresse in versi poetici, omphê poteva essere udita nel canto degli uccelli, specialmente corvi, aironi e scriccioli [Plutarco, Pizia].
Nell’Odissea, l’eroe si reca a Dodona per interrogare la quercia e sapere se tornare a casa o rimanere nascosto. Zeus gli risponde attraverso l’albero. Non è specificato se la voce divina fosse percepita nel fruscio delle foglie, nello scricchiolio della corteccia o nel canto degli uccelli tra i rami. In un modo o nell’altro, la volontà di Zeus si rendeva udibile attraverso la quercia.
In Ovidio, una quercia ad Egina, nata da una ghianda di Dodona, inizia a parlare quando si mette a tremare e i suoi rami si scuotono senza vento [Metamorfosi VII 629-630].
Atena, figlia di Zeus, nata completamente armata dalla sua testa, intagliò un ramo di quercia di Dodona per farne la prua dell’Argo, conferendo alla nave di Giasone poteri profetici nel pericoloso viaggio alla ricerca del Vello d’Oro.
Sofocle definisce la quercia oracolare poluglossos: poliglotta, dalle molte lingue, dalle molte voci. Ascoltarla può essere come udire una folla. Le voci possono levarsi e intrecciarsi in qualsiasi lingua, e naturalmente nel linguaggio degli uccelli. Non furono forse tre colombe nere a fondare l’oracolo volando fin qui dall’Egitto?
I Cataloghi esiodei parlano di tre colombe che abitavano nella quercia. Potrebbero corrispondere a tre donne sciamane-veggenti conosciute come le Colombe Nere. Le profetesse di Dodona vaticinavano in uno stato di estasi sciamanica e “dopo non sapevano più nulla di ciò che avevano detto.” [3] Erodoto le chiamava le Colombe Nere, Peleia Mêlaina [Erodoto II.55].
L’oracolo di Dodona era più antico degli dèi olimpici, sempre consacrato tanto alla Dea quanto al Dio. Nel suo periodo di massimo splendore, era pervaso da suoni che si muovevano lungo il confine tremolante dell’omphê: le molteplici voci dei venti mutevoli tra le foglie, il mormorio o il gorgoglio dei ruscelli vicini, i canti dei sacerdoti scalzi votati alla Madre Terra, la parola profetica delle colombe nere che consigliavano i supplici. In epoche successive, si aggiunse anche il fragore del bronzo: calderoni sospesi agli alberi che, spinti dal vento, risuonavano come gong.
Riferimenti
- Stella Georgoudi, “Des sons, des signes et des paroles : la divination à l’œuvre dans l’oracle de Dodone” in Stella Georgoudi et al. (a cura di) La raison des signes (Leida: Brill, 2012), p. 71.
- Elizabeth Minchin, “The words of gods: Divine discourse in Homer’s Iliad” in Sacred Words: Orality, Literacy and Religion (Leida: Brill, 2011), pp. 17-35.
- Walter Burkert, Greek Religion, trad. John Raffan (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1985), p. 114.
Foto: Resti dell’oracolo di Zeus e Dione a Dodona, in Epiro.
Articolo del 10 febbraio 2025 dal blog di Robert Moss, tradotto su gentile concessione: https://mossdreams.blogspot.com/2025/02/oracles-full-of-omphe.html